Patata sì, patata no: canyoning mithbuster

Continua la nostra rubrica sui miti del canyoning. Ma prima di entrare nel merito, un veloce caveat per i non addetti ai lavori, che magari si sono già entusiasmati nel leggere distrattamente il titolo pensando… ad altro.

Quello che affrontiamo in questo articolo non ha nulla a che vedere con tendenze e desideri personali, ma riguarda un argomento tecnico che ha cambiato in modo importante il modo di andare in canyon.

Stiamo infatti parlando del nodo a fondo corda – noto in gergo come nodo patata – una pratica che fino a qualche anno fa era considerata tabù nella comunità torrentistica.

Un po’ di storia: la rivoluzione della corda singola

Il canyoning è uno sport giovane, che solo in tempi relativamente recenti ha acquisito una sua identità peculiare e una serie di tecniche specifiche. 

Nel suo periodo “eroico” – per mutuare una terminologia alpinistica – verso la fine del secolo scorso, l’idea di percorrere un torrente ad andamento prevalentemente verticale aveva cominciato a contagiare sempre più sportivi e avventurieri provenienti da discipline affini come la canoa, la speleologia, l’alpinismo, la subacquea, ecc.

L’ambiente forra, una misteriosa e profonda piega della montagna che per i più richiamava ambienti inaccessibili o infernali, per alcuni visionari rappresentava invece un richiamo irresistibile.

L’unico modo per andare a curiosare in queste gole profonde, tuttavia, era applicare le conoscenze che avevano nella disciplina di cui erano esperti, ad un nuovo ambiente. Da un lato, questo ha permesso la nascita di una nuova disciplina – il canyoning, o torrentismo – dall’altro, l’adattamento di tecniche non idonee ha determinato una serie di incidenti.

Come spesso accade, l’analisi degli incidenti ha permesso uno sviluppo della tecnica per evitare il ripetersi di situazioni simili.

Uno degli incidenti più comuni per i torrentisti sportivi nell’epoca dello sviluppo della disciplina – e in parte ancora adesso – era l’annegamento in pozze turbolente a causa della difficoltà a togliere la corda dal discensore in condizioni di acqua bianca. Prassi comune era infatti scendere le cascate in “corda doppia”, condizione che presuppone nella maggior parte dei casi un eccesso di corda in pozza. Tale situazione aveva l’effetto di rendere quasi impossibile il distacco dalla corda di calata con importanti livelli di acqua (a volte bastano 50 l/s), con una elevatissima probabilità che l’eccesso di corda in pozza si comportasse come un boa constrictor attorno al corpo del povero torrentista.

Nel frattempo, verso la fine degli anni ‘90, i sempre più numerosi appassionati si erano organizzati creando l’Associazione Italiana Canyoning, all’interno della quale era stata istituita la prima scuola di torrentismo. Già all’epoca, in Francia il canyoning era ad uno stadio di sviluppo molto più avanzato e con una organizzazione molto strutturata. Con grande lungimiranza, l’allora direttore della Scuola AIC Maurizio Biondi, decise di rivolgersi ai cugini francesi per colmare il gap di conoscenze tecniche che riteneva necessarie per lo sviluppo del canyoning in Italia.

I sette istruttori della scuola Italiana tornarono dall’esperienza francese portando a casa una importantissima innovazione: la discesa su corda singola svincolabile.

Da allora il torrentismo non è stato più lo stesso. Con questa tecnica era possibile affrontare ostacoli acquatici con un livello di sicurezza molto più elevato: il primo a scendere, attraverso una serie di segnali convenzionali e alla possibilità di svincolare la corda di discesa, poteva mettere la corda “a raso” d’acqua, in modo che la stessa uscisse naturalmente dal discensore appena entrati in pozza.

Con questa innovazione, si è ridotto in maniera radicale il rischio di blocco (e di corda in eccesso) in una pozza turbolenza.

Una nuova rivoluzione: il nodo di fondo corda

Per anni, tutti i torrentisti più esperti, hanno utilizzato questa tecnica per affrontare gli ostacoli tipici di un canyon acquatico. Per metterla in pratica in maniera corretta, tuttavia, è necessario che si allestisca la sosta in modo da essere sicuri che la corda non arrivi in pozza. Si lascia la corda con una lunghezza inferiore all’altezza del salto così da permettere al primo di regolarne la lunghezza per i compagni mentre scende.

Con il tempo e con l’aumentare del livello tecnico dei percorsi, questo tipo di configurazione ha manifestato dei limiti in una serie di situazioni. Vediamo quali.

  1. La prima persona che scende (che lo fa su una corda di lunghezza inferiore alla cascata) è sottoposta a un notevole rischio di caduta nel caso in cui scenda troppo veloce o perdendo di vista la fine della corda; in Italia ci sono già stati diversi incidenti di persone esperte che sono “volate” a causa della fine della corda.
  2. Laddove si affronti un ostacolo complesso come una pozza pensile, avere la corda a raso spesso rappresenta una scelta molto rischiosa; la persona è libera dalla corda in pozza, ma il rischio di cadere dalla stessa può essere particolarmente elevato.
  3. Un ulteriore problema della corda a raso è il fatto che, in caso di pozze turbolente che richiedono un alto livello di acquaticità, la condizione necessaria è che tutti i componenti del gruppo siano abili nuotatori avvezzi al nuoto in acqua bianca, per evitare che un membro del gruppo non riesca a superare la pozza.

Per superare questi limiti, diversi anni fa, sempre in Francia, è stato introdotto un nodo di fondo corda, il famigerato “nodo patata”, che permette di superare agevolmente questi limiti. Il suo nome deriva dal fatto che si tratta di un nodo piuttosto voluminoso, il cui scopo è quello di non uscire da discensore nel caso in cui il torrentista arrivi a fine corda.

Il fatto di mettere un nodo a fine corsa, che non permette di lasciare libero il torrentista di nuotare in acqua bianca e che simula in qualche modo un blocco sotto cascata (lo spauracchio di tutti i torrentisti), è da molti ancora oggi considerato un’eresia. 

Il mantra “no corda in pozza” è entrato talmente in profondità nella cultura torrentistica da rappresentare una soglia invalicabile, una sorta di dogma che non è possibile mettere in discussione.

In realtà, quando si ragiona per dogmi, si rischia di perdere di vista le motivazioni che hanno portato a certe scelte. Corde e acqua spesso non vanno proprio d’accordo, ma 

quello che rappresenta un rischio reale è l’eccesso di corda in pozza, non il fatto di essere vincolati a una corda… svincolabile.

I vantaggi e le condizioni di utilizzo del nodo patata

L’utilizzo del nodo patata ha permesso un grande sviluppo della disciplina. Ostacoli che prima erano da considerare impraticabili o troppo rischiosi sono oggi fattibili grazie all’evoluzione tecnica, di cui il nodo patata rappresenta uno degli aspetti.

L’utilizzo di un nodo di fondo corsa interviene in modo diretto sui limiti evidenziati nel paragrafo precedente: si abbatte il rischio caduta causato dalla fine della corda, si può arrivare in sicurezza e in velocità su soste esposte su vasche pensili e, infine, si porta la corda fuori da pozze turbolente riuscendo ad intervenire efficacemente su compagni in difficoltà. 

Come ogni tecnica, tuttavia, anche questa ha dei limiti e prevede delle condizioni di utilizzo specifiche per essere efficace e sicura.

Prima di tutto, deve essere chiaro che il nodo patata non è un anti-caduta, nel senso che non bisogna per nessun motivo caderci sopra (a causa dell’energia sviluppata dal fattore di caduta). Il nodo a fine corsa serve per evitare che la corda si sfili dal discensore involontariamente durante una discesa.

In secondo luogo, come ogni nodo, deve essere stretto. L’acqua e le vibrazioni della cascata tendono ad aprire i nodi e il patata, per ovvi motivi, si trova spesso sotto cascata. 

Ovviamente, la comunicazione e l’affiatamento tra la prima persona che scende e il leader di sosta è determinante per la buona riuscita dell’operazione e per evitare di svincolare né troppo velocemente né troppo lentamente quando la persona è in pozza. Inoltre, un effetto collaterale di una persona vincolata, mentre si trova in pozza con il nodo patata in battuta sul discensore, è la possibilità per il leader di sosta di intervenire in caso di problemi da parte della persona in acqua.

Ma quando va fatto il nodo patata e quando non serve?

A grandi linee, possiamo dire che è necessario confezionare un nodo patata in caso di cascate (acquatiche o secche) dove non siamo in grado di vedere con assoluta certezza se la corda di calata arriva alla base della stessa. In questo modo è possibile lasciare la corda con una lunghezza molto inferiore all’altezza della calata, in quanto il primo di calata può decidere fino a dove farsi calare e, nel caso di corda a raso, sciogliere il nodo prima di arrivare alla base della cascata.

Una seconda situazione utile è quando abbiamo la necessità di portare la corda fuori pozza, perché turbolenta, per attaccare una teleferica o per altri motivi, oppure quanto abbiamo necessità di concatenare più ostacoli in sicurezza.

In tutti gli altri casi, l’utilizzo del patata non dà alcun vantaggio rilevante.

Casi pratici

Per illustrare al meglio i vantaggi dell’utilizzo del nodo di fondo corda, e di come lo stesso permetta di affrontare in sicurezza ostacoli complessi o molto acquatici, presentiamo un paio di situazioni in cui tale tecnica ha fatto la differenza.

Nel primo caso abbiamo una vasca pensile con un regime acquatico molto elevato su Mondelli inferiore. Per raggiungere la sosta, il primo che scende ha bisogno di entrambe le mani libere per poter nuotare e per lavorare più agevolmente sulla sosta.

Come è possibile vedere dal video, con un regime di acqua del genere sarebbe impossibile raggiungere la sosta in sicurezza, senza il rischio di finire giù dalla vasca pensile.

 

 

In questo secondo video, invece, il primo di calata ha l’obiettivo di superare una pozza vorticosa in modo da portare la corda fuori dalla pozza e facilitare la progressione del resto del gruppo attraverso la costruzione di una teleferica. Come è possibile vedere, l’entrata in acqua con il nodo patata in battuta sul discensore non crea alcun problema. Ovviamente, il leader di sosta deve essere abile a dare la giusta quantità di corda in modo da facilitare l’uscita del compagno ed evitare problemi di corda in eccesso. 

 

 

Conclusioni

Il nodo patata è stata una innovazione tecnica semplice nel contenuto, ma che ha cambiato molto il modo di affrontare ostacoli complessi o molto acquatici, riducendo in modo sostanziale alcuni rischi tipici del canyoning.

Come per tutte le discipline, ci vorrà del tempo per renderlo una pratica standard, vuoi per una fisiologica resistenza al cambiamento, vuoi per una capacità di confronto piuttosto limitata all’interno della comunità torrentistica. Tuttavia, aprire una discussione anche serrata su temi che riguardano la sicurezza è il primo passo per favorire lo sviluppo del torrentismo in ambito sportivo e professionale.